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Quando Elia venne rapito in cielo da un carro di fuoco, al suo discepolo Eliseo, profondamente addolorato per la perdita del maestro, non rimase altro che raccogliere da terra il mantello caduto al profeta (2 Re 2,13).
Tempo prima era stato lo stesso Elia, mentre Eliseo arava i campi, a gettargli sulle spalle il mantello, per chiamarlo al suo servizio.
“Il mantello – commenta la Bibbia di Gerusalemme – simboleggia la personalità e i diritti del suo proprietario”. Gettare il mantello su qualcuno significa associarlo alla propria missione.
In ritiro con Elia
La suggestione di questa immagine del mantello, ricevuto e raccolto, ha guidato il corso di esercizi spirituali delle Volontarie della Carità , tenuto a Camposampiero dal 26 al 30 luglio, presso la casa di spiritualità dei Santuari Antoniani.
Sono ormai passati trentaquattro anni da quando Lucia Schiavinato ha lasciato cadere il mantello del suo carisma, che aveva precedentemente gettato sulle spalle di tante persone . Quel “mantello” è stato raccolto da quanti hanno continuato a vivere la grazia di quel dono che unisce l’Eucaristia al servizio dei più deboli.
Ma, a distanza di tanto tempo, ci si può chiedere che cosa si è fatto di quel “mantello”.
Forse qualcuno potrebbe ammettere di averlo… dimenticato, per rivestirsi di quell’altro mantello che è la ricerca di se stessi, di una propria gratificante autorealizzazione.
Altri potrebbero dire che lo stanno conservando con nostalgica gelosia, tra i ricordi più cari del passato, come si conserva in naftalina qualche indumento prezioso, o in un museo un pezzo di antiquariato.
Forse c’è anche chi potrebbe confessare che quel mantello è stato diviso come le vesti di Gesù sul Calvario, con la convinzione di conservarne la parte più autentica.
Eppure, nonostante questi rischi sempre presenti, in tutti c’è il desiderio di “appropriarsi” in modo vero del “mantello” del carisma di Lucia. L’appropriazione, nel suo significato letterale, indica la capacità di far proprio, in senso morale e spirituale, un ideale. Non basta che io lo conosca e lo apprezzi, ma che sappia anche farlo mio, come una realtà che mi appartiene nel più profondo di me stesso. Fu il cardinale Newman, recentemente beatificato da papa Benedetto nel suo viaggio in Inghilterra, a vedere nell’appropriazione “il passaggio dall’assenso nozionale a quello reale”. E’ quanto è accaduto a Giobbe quando, trasformato dalle tante prove, poté confessare: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42, 5-6).
Il fuoco di un carisma
E’ quanto Lucia continua ancora a ricordarci, attraverso il richiamo, da lei tanto amato, di santa Caterina da Siena: “Se foste ciò che dovreste essere, mettereste fuoco in tutta Italia”. E Lucia continuava: “Ora, con tutti i mezzi di comunicazione, direbbe: ‘mettereste fuoco in tutto il mondo'”.
Può “mettere fuoco” solo chi si è lasciato incendiare. Perché ciò avvenga è necessaria anche “un’opera di ‘scavo’, di approfondimento, di studio, che ci mette in condizione di innamorarci sempre più del carisma di mamma Lucia, e che ci faccia comprendere che questo carisma in fondo non è suo, ma è di Cristo, che appartiene alla Chiesa, e che se le persone passano, rimane il frutto di quanto ella, nel nome e nello spirito di Cristo, ha realizzato”, come ha sottolineato don Sabino Lambo.
C’è un detto di Gesù, nel vangelo apocrifo di Tommaso, che bene possiamo applicare anche a Lucia: “Chi è vicino a me è vicino al fuoco”. Non a caso anche il profeta Elia è associato al fuoco .
Di lui il libro del Siracide ricorda che “sorse come un fuoco, e la sua parola bruciava come una fiaccola” (Sir 48,1).
Accogliere e far proprio “il mantello” del carisma di Lucia significa lasciarsi bruciare da quel fuoco che lo Spirito Santo continua a comunicarci attraverso di lei. E, come fu per Elia, l’incontro con il fuoco di Dio non ci lascerà indenni. Ovunque passeremo lasceremo cadere alcune scintille che potranno incendiare altri. Soprattutto, avvertiremo sempre più in noi l’ansia del Cristo che è venuto a portare il fuoco dell’amore del Padre sulla terra, e che ardeva dal desiderio che fosse già acceso.
Don Antonio Guidolin