Tesi di laurea sul Piccolo Rifugio di Vittorio Veneto
13 Aprile 2014Cortometraggio del Piccolo Rifugio di Verona
13 Aprile 2014Silvia Fazzari e Lucia Schiavinato
Proseguiamo su www.piccolorifugio.it e su L’Amore Vince la serie di interviste “Tracce di un cammino” in cui parlare di Lucia attraverso la testimonianza delle Volontarie, e, attraverso il passato, guardare al presente ed alle sfide del futuro. Questa volta parla la attuale presidente dell’Istituto secolare Volontarie della Carità Silvia Fazzari, che vive alla Domus Lucis di Trieste.
“Ciao, tu sei venuta per santificarti, vero?”
Sono le prima parole che Lucia Schiavinato rivolse a Silvia Fazzari, e già dicono tutto.
Lucia era lì, davanti alle vetrate del portone di Villa Mirandola. Siamo a metà anni Sessanta: Silvia era appena arrivata al Piccolo Rifugio di Verona per iniziare, ancora con qualche dubbio, il suo cammino di Volontaria.
Quelle poche parole già raccontano i tratti di Lucia che tante volte in seguito Silvia, e tutte le Volontarie, avrebbero ritrovato.
Parole chiare e nette, come quel “vieni subito” con cui, pochi mesi prima, aveva risposto alla lettera della giovane impiegata di Zorgno, Bergamo, che aveva letto l’Amore Vince e pensava di avere trovato nella vita lì descritta la vocazione che andava cercando.
“Lucia voleva la radicalità. Aveva grande fiducia in noi e ci spingeva alle cose più grandi. Ci diceva: Dio ha fiducia in te, tu abbi fiducia in lui. Voleva vederci piene di fede, ed anche di creatività nell’inventare cose nuove, nell’accettare cose nuove. Pronte ad andare dove ci fosse bisogno di noi. Non abbiate paura di cambiare, ci esortava”.
E’ una paura che può venire, oggi, anche ai Piccoli Rifugi?
“C’è il pericolo di cadere vittime della mole di obblighi e vincoli necessariamente legate al rapporto con le istituzioni pubbliche. Di strutture per persone con disabilità oggi ce ne sono tante, e magari funzionano anche meglio della nostra. Se il Piccolo Rifugio ‘va bene’ solo per l’assistenza che offre… non va bene. Serve qualcosa in più: il calore umano. Non solo verso gli ospiti, ma anche verso chi lavora qui ed amici e volontari”.
Questo calore, del resto, hai visto in Lucia.
“Quello che insegnava e testimoniava era un amore grande, per tutti. Nelle persone con disabilità Lucia diceva di vedere Gesù. Con loro l’ho vista tante volte commuoversi. Ed andava anche fino in Calabria o in Sicilia per andare a prendere persone con disabilità da accogliere nei Rifugi. Oppure mandava noi Volontarie. Sentivi che era una persona speciale: e che questa forza le veniva dall’alto, dall’amore all’Eucaristia adorata e contemplata”.
L’amore dev’essere nostra bussola anche oggi.
“E’ una sfida difficilissima, ma è il nostro ideale: le persone con disabilità nei Piccoli Rifugi dovrebbero percepire l’amore attorno a loro, e sentirsi accolte. Essere valorizzate, pur senza nascondere i loro limiti. Ma dovrebbero capire che ci sono invece ambiti in cui limiti non ne hanno”.
Insomma tutelare la dignità della persona.
“E’ importante che la Fondazione si impegni in questo settore. Ci sono ancora tante barriere architettoniche, ed anche ‘barriere’ di persone: mi vengono in mente certi visitatori che sono venuti a vedere la Domus e neppure hanno salutato le ospiti (che lo hanno notato!), o medici che ricevono le donne della Domus per le visite e neppure le guardano in faccia, rivolgendosi solo a chi le accompagna. Come se non esistessero. Dobbiamo continuare a parlare dei diritti di queste persone”.
Le tue tappe: Piccolo Rifugio di Verona, poi 13 anni tra le comunità di base nell’Acre, 13 a Salvador, poi la Domus Lucis. E’ più facile essere Volontaria della Carità in Italia o in Brasile?
“Sicuramente in Brasile. Lì ricevi di più, e anche se qualcosa dal punto di vista materiale ti manca, senti che hai l’essenziale. Ed il bisogno dei poveri è più evidente. In Italia c’è più freddezza. A volte sembra che le persone siano indifferenti anche all’amore. Serve una testimonianza più forte. Più preghiera”.
Ora ti ritrovi nello stesso ruolo di Lucia: presidente dell’Istituto secolare Volontarie della Carità.
“Spessissimo mi sento inadeguata al compito. Ma mi hanno votato, e allora mi affido a Mamma Lucia e al Signore, a cui chiedo la forza per amare le Volontarie come sorelle, per valorizzare le persone con disabilità, per dare forza alle famiglie. Spesso mi domando: cosa farebbe adesso Lucia al mio posto? Senz’altro bisogna mettere l’amore al primo posto, ma deve essere un amore intelligente, illuminato dallo Spirito Santo. In ogni caso, tante volte ho toccato con mano che il Signore ci ha aiutato, e allora ho fiducia che continuerà ad aiutarci. Anche Lucia ha passato dei momenti difficili – ad esempio ha dovuto chiudere dei Rifugi o rinunciare ad aprirne altri- e in quei momenti ha senz’altro messo tutto nelle mani del Signore”.
Oltre a Lucia, quale altra Volontaria è stata per te un grande esempio?
“Marilena. Ha avuto una grande capacità di adattarsi ai tempi, ad esempio introducendo nei Rifugi i coordinatori, dipendenti laici non Volontarie, e si è fidata di loro. Era intelligente, creativa, coraggiosa, dava tanta fiducia anche agli ospiti, lasciando che si organizzassero. Era una leader di forte temperamento, ma seppe metterlo da parte nel momento della malattia, che visse con grande umiltà” (Parla di Maria Elena Vian, originaria di Torre di Mosto, già presidente della Fondazione).