L’Amore Vince – Luglio 2009
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11 Luglio 2009L’infinito dentro – Progetto pedagogico sociale della Fondazione Piccolo Rifugio
L’infinito dentro – Progetto pedagogico sociale della Fondazione Piccolo Rifugio – anno 2008
Ecco una presentazione del senso del Progetto pedagogico sociale “L’infinito dentro” che la Fondazione Piccolo Rifugio ha presentato al convegno del 15 novembre 2008. E’ a cura di Carlo Donadel, responsabile della progettazione sociale della Fondazione Piccolo Rifugio e curatore del Progetto.
“’Infinito Dentro’ è il titolo che la Fondazione Piccolo Rifugio ha voluto assegnare al suo progetto pedagogico-sociale. Intende riferirsi al fatto che il senso profondo della storia personale di ciascuna persona supera gli orizzonti della limitatezza fisica e della stessa capacità di comprendere. Ha a che fare con una dimensione che profuma di infinito e di interiorità. Una dimensione che permea la capacità di voler bene, di sognare un futuro, di aprirsi alla relazione con l’altro.”
Così recita la premessa di un progetto che diventerà d’ora in poi un documento fondamentale e di riferimento per la Fondazione Piccolo Rifugio. È stato voluto proprio con l’obbiettivo di rendere espliciti alcuni degli elementi connotanti lo spirito del Piccolo Rifugio e la sua identità e perché costituisca l’orizzonte di riferimento per la progettazione dei servizi, delle attività dei Piccoli Rifugi e per impostarne lo stile.
Il Progetto pedagogico sociale è una sorta di “magna charta”che contiene lo sforzo di recuperare il nitore dei valori che hanno informato la nascita dei Rifugi e la visione che ha accompagnato il sogno iniziale. Ma anche il tentativo di farne una traduzione attuale.
Si riferisce esplicitamente ad un preciso modello teorico: quello del Gruppo Interdisciplinare di Trento, rielaborato con la consulenza del prof. Angelo Lascioli. In esso è il riferimento ad un approccio particolare come quello delle “mappe logico disposizionali”: strumento a servizio della correttezza, sistematicità, completezza e gradualità degli interventi. Strumento che garantisce anche la possibilità di operare una valutazione realistica dei progressi individuali e dell’efficacia delle azioni intraprese. Ma poi è stato declinato tenendo conto della specifica realtà dei Piccoli Rifugi, dei valori di riferimento, dello stile che si vorrebbe informasse la quotidianità.
Vi è contenuta una esplicita visione della persona che è la premessa fondamentale di ogni progettazione che riguardi l’aiuto alle persone: sostanzialmente quella che si riferisce al personalismo cristiano. Con la sottolineatura però di alcune dimensioni fondamentali: fra tutte quella simbolica, ovvero la dimensione secondo la quale la realizzazione della persona è collegata in modo radicale alle ragioni di senso che la persona reperisce per la sua esistenza.
Si pone un’attenzione particolare al progetto di vita individuale, che è il riferimento decisivo della progettazione pedagogica. Da coniugare con il percorso di una realtà che fa del carisma eucaristico il cuore della vita comunitaria. Che trova nei volontari la risorsa fondamentale per le relazioni di reciprocità e i mediatori fondamentali dell’incontro con la società e con il territorio. Che ritiene che la risposta ai bisogni sia da affrontare in ottica sociologica ovvero di relazione interazione con gli altri attori della cosiddetta “rete”: la chiesa locale, poi le associazioni di volontariato, i servizi pubblici, le associazioni culturali, gli “operatori informali”, i nodi vitali della comunità territoriale.
Carlo Donadel
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Il dibattito è iniziato con il saluto delle autorità, tra queste c’era anche Giuseppe Maso, assessore ai servizi sociali del Comune di Vittorio, che nel suo intervento ha ricordato Giacomo, un ospite del Rifugio di Vittorio, come collaboratore valido con il suo servizio per il Comune.
Il sindaco di Santa Lucia, Fiorenzo Fantinel, ha detto che esiste un tempo per crescere e uno per migliorare; bisogna essere squadra e non rimanere isolati, bensì tutti insieme collaborare con gli amministratori.
Ha poi parlato il presidente della Fondazione Piccolo Rifugio Carlo Barosco, che ha sottolineato che ognuno di noi ha il diritto alla cittadinanza; ha aggiunto che il primo Piccolo Rifugio è stato fondato a S. Donà nel 1935 da Lucia Schiavinato, la “Mamma Lucia” della quale oggi ci resta la viva testimonianza. Nel 1957 è stato aperto il Piccolo Rifugio di Vittorio Veneto e attualmente in Italia ci sono sette sedi.
Poi è stato il momento della riflessione del vescovo della diocesi di Vittorio Veneto mons. Corrado Pizziolo che ha affermato che la persona umana non è mercificabile perchè è creata da Dio e degna di rispetto anche quando essa è più debole. Il Piccolo Rifugio, ha aggiunto il vescovo, offre il meglio alle persone che vi abitano ,con spirito di servizio e carità.
Angelo Lascioli, docente di Pedagogia all’Università di Verona, è intervenuto dicendo che l’handicap colpisce la persona in senso negativo, in quanto è meno persona degli altri, una “quasi persona “. Ma in verità la persona è tale al di là di ogni limite ed ostacolo. Al proposito Lascioli ha lanciato un motto: “Divieni ciò che sei al di là dei tuoi limiti”.
Quindi è stata la volta di Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan di Padova. Ha parlato della dimensione valoriale e spirituale delle persone, sottolineando alla fine che la fede è una risorsa profonda.
Sergio Dugone, dirigente de La Nostra Famiglia di Conegliano, ha parlato dell’importanza dell’unicità dell’essere; non bisogna essere individualisti, pensando solo ai soldi come invece è tipico della nostra società, ma recuperare la forza della relazione tipica delle passate generazioni. In quanto la relazione non è solitudine ma porta a solidarietà; la rete sociale diventa basilare nella comunità. Bisogna accogliere: “tu ci sei per me” in una cultura comunitaria; noi siamo un destino comune.
Poi è venuta la volta del discorso di Giuseppe Pellegrini, docente di metodologia e tecnica della ricerca sociale all’Università di Padova, che ha parlato del libro “Nato due volte” che narra la storia di un padre di un disabile. La disabilità è un fatto culturale, non è un peso, ma può arricchire. La persona va considerata in senso globale bisogna lavorare sull’integrazione sociale e la comunità deve farsi carico della disabilità.
Doveva poi parlare la vicepresidente dell’Istituto secolare Volontarie della Carità, Teresa D’Oria, ma ha avuto un impedimento; al suo posto è intervenuta la Volontaria Annamaria Falconi che ha letto un testo dedicato al’opera di mamma Lucia. Nel 1935 Lucia Schiavinato aveva un progetto di vita per i disabili? Forse no, ma è partita da una riflessione davanti all’Eucarestia, nucleo della sua vita, per portare Cristo in mezzo agli uomini. In quell’anno nasce il Piccolo Rifugio di S. Donà, con al centro l’adorazione eucaristica. Per mamma Lucia è importante il rispetto reciproco; il Piccolo Rifugio è una condivisione di vita e il motto “l’amore vince” resterà per sempre.
Carlo Donadel, responsabile della progettazione sociale della Fondazione Piccolo Rifugio, è intervenuto sottolineando che è importante ciò che si può fare nella comunità ossia il farsi carico dell’altro attraverso un progetto pedagogico. La relazione che si crea con la persona è basilare; c’è poi un progetto individuale, insieme con la persona; tendendo conto delle sue possibilità ci sono obiettivi da raggiungere secondo percorsi individualizzati misurandosi con la realtà della persona. Aree fondamentali sono i volontari, le famiglie, il territorio, la comunità allargata per accogliere e far crescere nella comunità; la quotidianità è importante, come pure le aspettative nell’azione educativa; l’operatore è fondamentale per la progettazione.
Marisa Durante, direttore dei Servizi sociali dell’Ulss 7, è intervenuta a conclusione sottolineando che esistono prestazioni sanitarie ma anche relazioni e che sono fondamentali i progetti di vita e la progettazione dei servizi.
Giorgio Fornasier ha concluso con una canzone al pianoforte e ha parlato con orgoglio del figlio disabile, delle sue autonomie.
Il convegno è stato molto interessante con bei interventi da parte dei relatori e si è rivelato una grande occasione per dare valore alla persona disabile.
Patrizia
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Cominciamo una sintesi ragionata del Progetto.
Primo tema è l’antropologia di riferimento, cioè la visione dell’uomo su cui si basano l’idea e l’azione del Piccolo Rifugio, e quindi anche lo stesso Progetto pedagogico sociale..
°Il vescovo: la persona umana non è negoziabile
E’ stato il vescovo di Vittorio Veneto mons. Corrado Pizziolo, nel suo intervento al convegno di novembre, a sottolineare l’importanza di questo radicamento.
“Se i fondamenti non fossero stabili – ha detto – (…) tutto sarebbe sottoposto al famigerato “dipende”, tutto diventerebbe convenzione, negoziabile. (…) Questa è la situazione che viviamo oggi, tendenzialmente. (…) Invece la persona umana non e disponibile a questa mercificazione, perché e garantita dal fatto di essere voluta personalmente da qualcun altro(…). Il Piccolo Rifugio è segno concreto che vivere e operare secondo queste convinzioni e’ possibile. (…) C’è un progetto alla base, e a partire da questo si elaborano linee concrete ed efficaci di intervento. Questo sforzo risponde a principio: occorre che il bene sia fatto bene”.
ANTROPOLOGIA DI RIFERIMENTO: L’UOMO SECONDO IL PICCOLO RIFUGIO
(Estratti dal capitolo “L’antropologia di riferimento” del Progetto pedagogico sociale)
Sei più del tuo corpo
Si può affermare che il punto di riferimento è la concezione della persona umana che ha attraversato la storia del pensiero fino a contrassegnare il personalismo cristiano.
(…) Significa riferirsi ad una realtà (…) che è infinitamente più del suo corpo, o dell’immagine con cui appare a se stessa o agli altri. Una realtà che non si lascia ridurre all’insieme degli avvenimenti (…).. Potremmo anche dire una realtà che sta dietro o “sotto” la molteplicità o mutabilità di essi. Si dà dunque persona in tutta la sua dignità anche quando una o più delle sue funzioni risultano compromesse.
Progetto, quindi vivo
L’uomo è un essere progettuale. Continuamente cioè “gettato avanti”, proteso incessantemente verso obiettivi nuovi (…). E in questo gettarsi in avanti si dispiega tutta la dimensione della ricerca del senso. La visione antropologica secondo la quale l’uomo è mosso alla vita e all’azione soltanto dalla soddisfazione dei bisogni o dalla ricerca del piacere è pertanto superata. La realizzazione dell’uomo o se si vuole “la felicità”, in questa prospettiva, è collegata alle ragioni di senso congiuntamente alla possibilità di attuare in modo unico, creativo e irripetibile la propria umanità, stanti anche condizioni di assenza di piacere o di sofferenza.
La verità e il senso della vita
La persona è costitutivamente aperta alla verità, è “da sempre” in relazione con la verità. La realizzazione di sé ha a che fare con la ricerca di tale verità che appare come qualcosa che è presente in me. (…)
Così i sentimenti fondamentali della persona, i bisogni profondi(..,), ma anche la sofferenza, la malattia portano con sé un rimando ad una realtà che (…) è in grado di offrire luce all’esistenza. Quello che accade dentro e fuori la persona è in relazione con il Senso della sua vita. Un senso che non è prodotto, ma dato ed è tale che, se l’uomo non vi aderisce (…) non può sperimentare la piena realizzazione di sé.
(…) Il desiderio fondamentale dell’esistenza non è la libido, come vorrebbe la visione freudiana, ma il desiderio di riconoscimento o se si vuole di carezze.
Il senso della comunità
È all’interno di una comunità in cui si dà spazio alla comunicazione (…) e in cui si dà spazio a rapporti di reciproca solidarietà che si costituisce il sostegno fondamentale alla soggettività del singolo. (…) È la comunità reale capace di fare esercizio di accoglienza, di liberazione e di motivazione alla responsabilità per il bene comune, che consente e stimola i singoli a progredire e ad esprimersi.
Mi prendo cura di te
La piena maturità personale poi è nella capacità non solo di prendersi cura di sé, ma anche di uscire dal guscio dell’individualità e, a misura della proprie capacità, volgere lo sguardo all’altro: interessarsene, prendersene cura.