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19 Febbraio 2012Itaberaraba, il primo Brasile delle Volontarie della Carità
Riceviamo questo racconto e riflessione dalla Volontaria Teresa D’Oria, che assieme alle Volontarie Silvia, Luisa ed Izaltina ha fatto ritorno ad Itaberaba, là dove iniziò l’impegno in Brasile delle Volontarie della Carità.
Non ero mai stata ad Itaberaba, nonostante sia vissuta in Brasile qualche tempo e vi sia tornata tante volte.
Itaberaba, nello stato di Bahia, è stato il primo luogo dove sono arrivate le Volontarie, o meglio, il primo gruppo arrivato con mamma Lucia. E si potrebbe aggiungere: il primo gruppo di laiche arrivato in Brasile.
Le Volontarie a Itaberaba, senza paura
Quella prima volta m. Lucia si fermó ad Itaberaba per ben sei mesi, per accompagnare personalmente le Volontarie nel loro inserimento nella nuova realtà. Nuova in tutti i sensi: per l’Istituto che si apriva ad un altro campo di apostolato, dopo i Rifugi e le Ville Madonna della neve, e per ciascuna delle persone che arrivarono lì. Per prima m. Lucia, che forse vedeva realizzato un sogno- una chiamata – della sua giovinezza. Ma anche per Bianca R., che cambiava ancora una volta il suo campo di lavoro, come pure per Felicita e per Luisa, giovanissime. Tutte, per un motivo o per l’altro, piene di entusiasmo e pronte ad affrontare un mondo totalmente sconosciuto.
Lucia non aveva conosciuto prima questa realtà. Ciò che lei conosceva era quanto le aveva raccontato, negli anni del Concilio Vaticano II, a Roma, Dom Epaminondas, il vescovo della diocesi di Ruy Barbosa. Cioè quella a cui appartiene Itaberaba, un piccolo paese-parrocchia con tutte le caratteristiche di un paese dell’interno: necessità della scuola, di un posto medico, di catechisti….
Lucia non si era fermata di fronte alle difficoltà intrinseche del luogo, né si era impressionata per i possibili piccoli/grandi ostacoli per una vita in un Paese sconosciuto: lingua, clima, cultura…
Come il suo solito, percepita una necessità rispondeva con prontezza e ricordava che, in aiuto dei missionari c’era quel verso del salmo che dice “…calpesteranno il leoncello e il drago…” . e poi: “l’Amore è veloce”.
Le Volontarie si buttarono a capofitto nel lavoro: censimento, organizzazione dei gruppi di catechesi, visita alle comunità rurali, organizzazione del lavoro pastorale. Oltre che presenza nella scuola parrocchiale, nel posto medico… Impegno sociale e religioso, dunque.
Tutto questo è conosciuto da ogni membro dell’Istituto: è all’origine dell’apertura missionaria e della “implantatio” dell’Istituto in un altro Paese. É parte importante della nostra storia. Ma altro è sentire raccontare e altro è vedere di persona.
Il paese della pietra lucente
Così, approfittando di una fine settimana libera dopo gli esercizi spirituali, abbiamo deciso di visitare Itaberaba, potendo godere anche dell’ospitalità di una famiglia amica presente a S. Estevão, a metà strada tra Salvador e Itaberaba.
Con noi italiane c’era anche Izaltina, la prima Volontaria brasiliana, nativa di Itaberaba, che sembrava rivivere passo passo quegli anni e mentre ricordava, raccontava. Tornare al suo paese, in questa occasione, non era per una semplice visita ai familiari come le altre volte.
La strada che passa per Itaberaba, una volta di terra rossa, oggi è una grossa arteria che congiunge il sud del Brasile con il nordest ed è chiamata la “strada del progresso”. Difatti il traffico è abbastanza intenso. Qualche chilometro prima di entrare a Itaberaba si stagliano nella chapada (altopiano) tre montagne scure. Sono di granito, ed è proprio questa pietra che dà il nome alla cittadina: nella lingua indigena Itaberaba significa infatti “pietra lucente”. É un vero spettacolo! Quando batte il sole la pietra brilla. Itaberaba è all’inizio della Chapada Diamantina (nella foto piccola), il terreno è collinoso, ma scarso di acqua. Per questo oggi uno dei lavori più seguiti dalla Pastorale della terra nelle comunità rurali è la costruzione di cisterne di raccolta dell’acqua piovana o, dove possibile, la ricerca di acqua sotterranea.
In giro con il megafono per invitare alla catechesi
Arriviamo nella piazza principale di Itaberaba dove è la chiesa parrocchiale, tutta ristrutturata, bella ordinata: fa capire quanta e quale partecipazione c’è da parte della popolazione.
…E cominciamo a incontrare la gente del posto. In casa parrocchiale c’è chi ricorda ancora Bianca e Felicita, quando insegnavano nella scuola parrocchiale, andavano al posto medico, giravano in jeep per il paese e con il megafono invitavano la gente a partecipare alla catechesi…
Poi ci avviamo verso quella che era la casa delle Volontarie e, per caso, incontriamo Diomar, la donna tuttofare che viveva nella casa parrocchiale… lei non ha dimenticato nulla di quei tempi. Arrivati davanti alla casa delle Volontarie, con nostra sorpresa, incontriamo Norma, una signora che abitava in una comunità rurale seguita dalle volontarie e che oggi occupa una parte di quella casa, quella che fu la cappella dell’adorazione. A questo punto, il tempo passa veloce ricordando persone, aneddoti, attività, avventure…
Le Volontarie non sono passate invano
Credo che ritornare al punto di partenza non sia solo un fatto nostalgico, o, con una espressione tipicamente brasiliana, un “matar saudade”.
Ritornare lì, vedere che abbiamo lasciato un segno – l’Adorazione alla sera del giovedì che continua ancora oggi, l’attenzione alle situazioni delle povertà del luogo, l’amore per la Chiesa – , incontrare persone che hanno accolto e “ereditato” qualcosa del nostro carisma… è anche rendersi conto che non si è passati invano: pur avendo lasciato Itaberaba da oltre trent’anni, la semente è cresciuta e dà i suoi frutti.
Per questo non possiamo non cantare il nostro Grazie al Signore che fa sempre “bene tutte le cose”, e per il dono che mamma Lucia è stata per la Chiesa.
Teresa D’Oria