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12 Febbraio 2011Cosa è per noi la Speranza
Perché disperare? Perché capita a giovani di perdere la fiducia, la voglia, la spinta, e rassegnarsi, o, come accaduto troppo spesso negli ultimi mesi a San Donà e dintorni, decidere addirittura di togliersi la vita?
Il coordinamento della pastorale giovanile del vicariato di San Donà ha ribaltato questi interrogativi.
E si è chiesto il “Perché di… SPERARE” in un incontro organizzato sabato 22 a Passarella.
Giovani dai 18 anni in su e persone che operano con i giovani si sono incontrati per ascoltare parole di speranza, per conoscere luoghi e situazioni che portano avanti la speranza.
Pensando ad un luogo di speranza (non ad un luogo di sofferenza!) gli organizzatori hanno pensato al Piccolo Rifugio. Mostrando così di avere capito quello che il Piccolo Rifugio è, o almeno quello che nella vita e nelle fatiche quotidiane si sforza di essere.
Di conseguenza, sabato 22 anche un rappresentante del Piccolo Rifugio di San Donà è intervenuto all’incontro di Passarella, presentando la Speranza del Piccolo Rifugio, prima in una testimonianza d’assemblea, e poi incontrando un più piccolo gruppo di giovani e rispondendo alle loro domande.
“I segni di speranza che ho visto operando al Piccolo Rifugio sono tantissimi”, ci racconta la persona che ha incontrato i giovani a Passarella. Che in vista dell’incontro ha provato anche a chiedere ai nostri ospiti che cosa è per loro la speranza, cosa li ha aiutati a non disperarsi.
Con emozione ha raccolto, accostandosi alle persone con rispetto e con le domande giuste, le testimonianze e le risposte di persone con disabilità, Volontarie della Carità ed operatori volontari, tutti quanti parte della famiglia del Piccolo Rifugio, e le ha poi riproposte ai giovani del vicariato.
LE PAROLE DELLA SPERANZA
“Ho la speranza – è la riflessione di una Volontaria della Carità – che i miei desideri verranno esauditi. Primo fra tutti quello di incontrare il mio sposo, Gesù”.
“La mia speranza – sono le parole di un operatore – prima era quella di una vita senza malattia, senza sofferenza. Ma questo non dipende da noi. La vera sfida, allora, diventa vivere appieno nonostante la presenza della sofferenza“.
“Il fatto stesso che il Piccolo Rifugio esista è un segno di speranza. E’ un posto voluto da Dio, e Dio si cura delle nostre fragilità, dei nostri limiti”.
“Qui – racconta un’amica della nostra casa – vedo la speranza: ogni volta che vengo resto colpita dalla voglia di scherzare, dalla voglia di fare, dalla laboriosità degli ospiti”.
Ma la parte più emozionante, tanto per chi le ha raccolte quanto per chi le ascolta o legge, sono le testimonianze delle persone con disabilità .
“La speranza è come una fiamma, e quando si spegne, tu muori – ha detto una di loro -. Anche io ho vissuto momenti di disperazione. Mi hanno aiutato gli amici. E qualche volta anche delle pagine del Vangelo”.
“Sopporto la mia situazione perché mi è stato promesso un mondo in cui non dovrò più usare la sedia a rotelle”.
“I desideri non sono sempre gli stessi. Quando ero piccolo il mio desiderio era camminare, ma non potevo. Poi ho imparato. E ora il mio desiderio è vivere appieno la mia vita”.
“Quando dispero, vado nella nostra cappella e chiedo aiuto al Signore. E Lui mi presta aiuto attraverso le persone del Piccolo Rifugio”.
Del resto, riflette la persona che ha incontrato i giovani all’incontro vicariale, perchè stupirsi della profondità delle riflessioni degli ospiti del Piccolo Rifugio su questo tema?
“Le persone disabili devono costantemente affidarsi ad altri nella loro vita quotidiana, quindi per loro è ancora più spontaneo affidarsi al Signore, con speranza.
E’ chi ha tutto, invece, che pensa di poter cambiare da solo il mondo…”.