Teresa Fresu, Lidia Cordella e ‘Nozinha’ Balduino Alvez, Volontarie della Carita’
6 Novembre 2018Lucia Schiavinato e l’Amazzonia
11 Ottobre 2019Felicita Casti e gli indios Tikuna
Qualche giorno fa, Fra’ Paolo Maria Braghini, cappuccino missionario in Amazzonia, ha messo in comunicazione tramite un video su Whatsapp un gruppo di Indios Tikuna con la Volontaria della Carità Felicita Casti, rientrata in Italia ormai da più di dieci anni, oggi residente al Piccolo Rifugio di Ferentino.
L’emozione è stata grande, naturalmente! Sia per Felicita che per il gruppetto che la salutava. Felicita, dal canto suo, non ha dimenticato nulla dei suoi 31 anni passati nell’Alto Solimões (la zona dell’Amazzonia in cui vivono gli indios Tikuna) i villaggi che lei seguiva lungo il fiume, le persone che ha visto crescere per più di una generazione…
Certo, le condizioni di vita nel 1971, quando mamma Lucia la invitò a spostarsi dal Maranhão all’Amazzonia non erano quelle di oggi. Andare a vivere a Feijoal ( il primo villaggio che ha visto la presenza delle Volontarie) significava “entrare” nella foresta, abitare lungo uno dei tanti igarapé (anse di un fiume; in questo caso del fiume Javarì, affluente del Solimoes) del Solimões, tra indios che parlavano il tikuna (solo pochi uomini parlavano portoghese ), essere lontani da Benjamin Constant, il paese più popolato e sede della parrocchia, alcune ore di barca e un altro paio d’ore di aereo per arrivare a Manaus, niente energia elettrica, niente acqua in casa (gli indios sono in simbiosi con il fiume)…. Ma, soprattutto, voleva dire entrare in un altro mondo, in un’altra cultura, ben diversa da quanto la stessa Felicita aveva sperimentato arrivando a Itaberaba (Bahia), prima tappa delle Volontarie in Brasile, nel 1964.
Felicita ha saputo “inculturarsi”, condividendo in tutto la vita dei Tikuna, conoscendola fino in fondo, amandola, camminando insieme per aiutarli a prendere coscienza dei propri diritti e della ricchezza dei valori della propria cultura. Ha imparato dalla loro vita e, a sua volta, insegnato a vivere anche in un mondo diverso dal loro. Ha visto nascere bambini, che sono diventati giovani e adulti padri e madri di famiglia. Ha visto partire giovani che hanno continuato a studiare e poi si sono inseriti in città, come Manaus, occupando posti di lavoro con competenza. Ha accompagnato le famiglie anche nei momenti più difficili, quando hanno dovuto lasciare Feijoal per trasferirsi con le loro case un po’ più su lungo il fiume, fondando il villaggio di Cidade Nova.
È stata insegnante, infermiera, contadina, carpentiere, catechista, responsabile della pastorale e del culto (il sacerdote, solitamente, riusciva a passare nel villaggio non più di una volta al mese). In una parola, è stata così tanto mescolata con la gente che per quanti la incontravano era difficile credere che non fosse un’india.
Per questo è facile capire quanto grande sia stata l’emozione dell’altro giorno nel riascoltare le loro voci e sentirsi dire che non è stata dimenticata, tanto da essere capaci di continuare per quella strada che lei ha aperto.
Teresa D’Oria
Felicita distribuisce ai Tikuna dei panini che lei stessa preparava. Felicita si è sempre fatta il pane per sè. Le uniche cose che comprava quando riusciva ad arrivare a Tabatinga, al città più vicina, o che si faceva mandare dai padri con le barche di fortuna erano: farina lievito pomodori…qualche pezzo di formaggio, per il resto si è servita e ha imparato e insegnato ad usare quello che trovava sul posto.